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Possono 20 calciatrici transgender dare così tanto fastidio da diventare un problema?

La FA fa un passo indietro: dal 1° giugno saranno escluse dal calcio femminile

Sebastiano Morettadi Sebastiano Moretta   
Crediti e copyright: profilo Instagram Kerstin Casparij
Crediti e copyright: profilo Instagram Kerstin Casparij

Dal 1° giugno 2025 le calciatrici transgender potranno più essere tesserate in club di calcio femminile, così ha stabilito la Football Association inglese, decisione che sarà seguita da quella scozzese, e forse anche dalla Federazione Gallese di Cricket. Nonostante l'11 aprile la stessa FA avesse effettivamente dato una possibilità alle giocatrici non binarie di poter competere - seppur a livello amatoriale e rispettando stretti criteri (livelli di testosterone sotto la media nei precedenti 12 mesi, una terapia ormonale e un controllo annuale del trattamento) - ha fatto un passo indietro. La decisione della Corte Suprema del Regno Unito, che stabiliva che "la definizione legale di donna è basata sul sesso biologico", ha sicuramente influito nella decisione.

"La materia è complessa, e la nostra posizione si è sempre basata su possibili cambi nella legge, nella scienza o nelle politiche di base del calcio, quindi rivedremo la decisione e la cambieremo se necessario" le parole della Federazione riportate tramite la BBC. "Comprendiamo che questo sarà difficile per le persone che vogliono solo praticare lo sport che amano nel genere nel quale si identificano, e siamo attualmente in contatto con le giocatrici registrate per spiegare loro i cambiamenti e come possono rimanere lo stesso coinvolte nel calcio".

Dall'articolo della BBC che riporta la notizia, infine, veniamo a sapere che vi sono solo 20 calciatrici transgender registrate tra milioni di amatrici, e nessuna di esse è tesserata nel calcio professionistico nell'intero Regno Unito. Una mossa quindi destinata a far discutere.

Il punto di TCF

Possono 20 calciatrici transgender registrate nel calcio amatoriale un problema così grosso da richiederne l'esclusione a prescindere dalle idee precedenti? Il calcio non era "lo sport di tutti"?

In un mondo in continua evoluzione, può essere la giocatrice transgender il reale problema del calcio femminile? Un movimento sempre visto come poco remunerativo - il Wolverhampton non ha fatto domanda per la promozione in Championship della squadra nonostante aver combattuto per tutta la stagione - o che vede le giocatrici sottoposte ad abusi di potere da parte di quelle persone che dovrebbero invece preoccuparsi del loro salto di qualità, che rimane transigente (o peggio, silente) su quelle che sono le reali problematiche, mentre non esita a bannare chi ritiene possa essere un pericolo partendo da un preconcetto.

E se l'inclusività ad ogni costo rischia di creare delle disuguaglianze, contraddicendo il suo intento, è anche vero che l'esclusività a prescindere può costruire ulteriori complicazioni. In un mondo in cui il pregiudizio di genere ha una connotazione razziale - si pensi ai casi di Mayra Ramírez, Tabitha Chawinga e Barbra Banda, nate biologicamente donne con valori di testosterone e di forza fisica superiori alla media, accusate di essere "uomini", rimanendo sempre donne - che vede una tipologia di tratto come "mascolino" e quindi sospettoso (sospetti mai avanzati nei confronti delle giocatrici bianche invece), l'esclusione delle calciatrici transgender rischia di escludere, a priori e in futuro, donne nate biologicamente donne sulla base di una supposizione pregiudiziale. È questa la strada che il calcio femminile dovrà percorrere?

Sebastiano Morettadi Sebastiano Moretta   

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